Regia: Luchino Visconti (1960)
Fotografia: Giuseppe Rotunno
Sceneggiatura: Suso Cecchi D'Amico e Luchino Visconti
Scenografia: Mario Garbuglia
Colonna sonora: Nino Rota
I titoli di apertura vengono visualizzati su un’immagine dell’interno di una stazione ferroviaria. Sembra quasi di guardare attraverso le sbarre di una prigione. La musica tetra – dolente, in realtà – ci fa capire: questo non sarà un viaggio facile.
Quando la musica finisce, la stazione prende vita. Un treno entra con un'esplosione di vapore. La gente scende e si affretta lungo i binari.
In un vagone, un giovane, Simone (Renato Salvatori), sgranocchiando una mela, sveglia sua madre, una donna vestita tutta di nero, che sta appoggiata contro il finestrino cullando tra le braccia un ragazzo più giovane. È una vedova – una recente vedova – che viaggia con i suoi quattro figli.
"Svegliati! Siamo a Milano!" dice Simone eccitato. "Alzati, Luca! Ci siamo!"
Sua madre, Rosaria (Katina Paxinou), si sveglia e lo guarda amorevolmente.
"Finalmente!" dice Ciro, un altro dei fratelli, mentre scende dal treno.
Compare il quarto fratello: Rocco (Alain Delon).
Dall'esterno del treno, vediamo Ciro che aiuta sua madre a scendere. Dirige lo scarico di figli e di bagagli, tutti in una grande pila.
"Non c’è Vincenzo? Perché non c’è ancora?" chiede Rosaria. Vincenzo, il quinto figlio, si è già trasferito a Milano.
"Forse ci aspetta fuori".
Ciro mette un braccio intorno a sua madre, la cui testa è coperta da uno scialle nero. Con un'espressione preoccupata, lei chiede: "Simone, perché Vincenzo non è ancora qui?"
Simone si offre di andare a cercarlo. "Sì, ma non ti allontanare!" gli ordina lei. Questa è la grande città.
Mentre Simone cammina lungo il binario, il vapore proveniente dal treno si mescola con il vapore del suo respiro; fa freddo! Alla fine si gira, alza le spalle con le braccia tese e si dirige verso la sua famiglia.
Ormai tutti gli altri passeggeri se ne sono andati, accolti da familiari e amici. La stazione è praticamente deserta. Alcuni pulitori lavano i lati del treno. Guardiamo la famiglia in un campo lungo mentre raccoglie le proprie cose ed esce.
La famiglia è su un tram che attraversa la città. I ragazzi guardano con sbalordimento le vetrine dei negozi.
"Che bello!" esclama Rosaria.
"Rocco, guarda!" – esclama Simone – "Guarda quelle vetrine. Che luce! Sembra giorno".
"Scusi", dice Rosaria, per attirare l'attenzione del bigliettaio. Gli mostra un pezzo di carta, chiedendo: "Dove devo scendere per arrivare lì?”
"Al capolinea".
"Capolinea?!"
"Capolinea. Scenda a Lambrate".
Lei gli mostra due foto consunte di Vincenzo nella sua uniforme militare. "Mio figlio. Il più grande" – dice lei con orgoglio – "Lo vedremo".
VINCENZO, Puntata 1
Ci trasferiamo a casa di Ginetta, la fidanzata di Vincenzo. Vincenzo (Spiros Focás) e Ginetta (Claudia Cardinale) siedono fianco a fianco, sorridendosi e tenendosi per mano. Vincenzo ha un fiore tra i capelli. Delle chiacchiere rumorose riempiono la stanza; è un momento di festa.
Gli uomini alzano i bicchieri alla coppia e dicono: "Auguri! Auguri ancora!" Mentre la macchina da presa si allarga sul salotto, vediamo uomini calvi in giacca e cravatta seduti a un tavolo carico di cibo. Una bottiglia di Chianti contiene un mazzo di fiori. Delle decorazioni di carta pendono dal soffitto. Dall'altra parte della stanza, dei giovani stanno chiacchierando.
La madre di Ginetta porta un vassoio a un secondo tavolo, che sembra già essere straripante di piatti e bottiglie.
"Hanno voluto fare tutto di testa loro! E i genitori? Ma chi vuoi che li senta più!"
Ginetta siede timidamente, la mano del suo fidanzato copre la sua, mentre lui risponde, "Dovevamo farlo alla fine. Non avevo voglia di tornare laggiù". Sta parlando della Lucania, nel Sud, la regione in cui è nato. "Voglio fare la mia famiglia qui".
Una degli ospiti dice al fratello di Ginetta, Alberto, che dovrebbe sposarsi, ma lui dice che non lo farà.
A quel punto, Ginetta si alza. Parlando di Alberto, dice in modo sprezzante, "Lui crede che dovranno mantenerci loro, ma invece abbiamo deciso di farcela da soli". Si rivolge al fidanzato. "Non è vero, Vince’?"
Ginetta cammina per la stanza con un vassoio, servendo da bere.
Quando arriva ad Alberto, dice severamente: "Non ti chiederemo mai niente. Hai capito?"
È interrotta dal campanello. Un altro dei suoi fratelli dice: "Deve essere Aldo. Vado al cinema, mamma".
Gli ospiti lo salutano rumorosamente, con le grida di "Ciao!" e "Divertiti!" Lui risponde ripetutamente mentre una carrellata lenta lo segue fino alla porta.
"È una mania!" commenta un ospite. "Mangia pane e cinematografo".
"Sì, è diventata un’ossessione", concorda un’altra. "Domenica, sono andata anche io. Ma subito mi sono addormentata”, ride.
Quando finalmente apre la porta, il fratello vede una sconosciuta, che chiede: "Buonasera. Stanno qui i Giannelli? Io sono la signora Parondi".
Lui si gira e urla, "Vincenzo, vieni a vedere chi c'è qui!"
Mentre la famiglia entra, Vincenzo arriva dall'altra stanza. Corre verso sua madre con le braccia spalancate.
Si gettano l'uno tra le braccia dell'altra mentre la famiglia guarda.
"Figlio! Figlio mio!" grida lei. Con un gesto plateale, melodrammatico, inizia a fare il segno della croce, poi tira fuori un fazzoletto e ci singhiozza dentro.
Lui si china e prende in braccio il suo fratellino: "Luca!"
Dopo poco, la madre di Ginetta appare e abbraccia Rosaria. "Ah, Rosaria! Rosaria cara. E questa è la famiglia tua?" chiede a Vincenzo, "Oh, Dio vi benedica! Entra!"
Mentre la signora Giannelli guida Rosaria nell'altra stanza, Ginetta chiede: "Questi sono tutti i tuoi fratelli?” Li saluta ad uno ad uno mentre loro si tolgono educatamente i cappelli. “Lasciate tutto qui ed entrate! Accomodatevi!"
I nuovi arrivati suscitano un turbinio di conversazioni tra gli ospiti.
Il padre di Ginetta dice "Amelia! Offrile un bicchiere di vino! Coraggio, ragazzi! Avanti! Amelia, offri un bicchiere di vino ai ragazzi! Non vedi che sentono freddo? Ginetta, offrigli i biscotti! Sono proprio belli!"
I Parondi stanno ricevendo un caloroso benvenuto qui.
Tutti sono entusiasti. Ma non Rosaria, che siede cupa con il suo bicchiere di vino. Quando Vincenzo le tocca la guancia, si lamenta, sospirando: "Che mala sorte è stata la nostra, figlio bello!" Poi, dopo una pausa: "Dimmi un poco. Ma già non porti più il lutto di tuo padre?"
In realtà lui ha una fascia nera di lutto sul braccio, ma risponde, "Sì, hai ragione, ma questa sera..." Si toglie il fiore da dietro l'orecchio e continua, con un gesto: "Questa è Ginetta. Te l’ho scritto che ci eravamo fidanzati, no? E tu sei arrivata giusto in tempo per darci la tua benedizione".
"Sei già così ricco da poterti sposare proprio adesso che tieni tutta la famiglia sulle spalle?" È il figlio maggiore, dopo tutto.
Ginetta ha ascoltato questa conversazione e non sembra felice.
Vincenzo risponde: "Perché non mi hai scritto che venivate tutti?!"
Rosaria guarda la sua futura nuora, alza le spalle e alza gli occhi al cielo: "Abbiamo scritto!"
"Sì, quando c’è stata la disgrazia di papà. Io ti ho risposto che prima devo cercare lavoro per loro. Non è facile trovare un lavoro qui a Milano".
Nel frattempo, Rocco e Simone sono nell'angolo, parlano con due donne. Simone si porta rozzamente del cibo in bocca. Rocco distribuisce arance che hanno portato dal Sud, con grande gioia di una degli ospiti, che esclama: "Arance! Delle nostre parti! Grazie! Che profumo!"
La madre di Ginetta affronta Rosaria, che siede al tavolo curva e offesa. "Senti, Rosaria, io credevo che voi foste venuti per il fidanzamento. Va bene che Vincenzo non ci aveva detto niente, ma santo Dio, avevo pensato a una bella sorpresa".
Rosaria alza le spalle, alza le sopracciglia, e tira da parte lo scialle per rivelare una grossa spilla appuntata al suo cappotto con una foto del defunto marito. "Io tengo troppo dolore per pensare alle feste".
"Voi sei venuti dritti dritti dalla stazione?" chiede il padre.
"Sì".
"Dove andate a dormire? Non abbiamo spazio".
La donna afferra la mano di Vincenzo e lo guarda con aria implorante. "Non credo che mio figlio mi farà dormire in mezzo alla strada. È lui che deve pensare a tutti noi adesso!"
La madre di Ginetta salta nella mischia. "Senti, Rosaria, è meglio dire subito come stanno le cose. Tu devi pensare a questi figli tuoi. Hai ragione. Ma io devo pensare a quella figlia mia, hai capito?"
Poi si precipita fuori dalla stanza, lamentandosi: "Arriva così e rovina tutto!"
Ginetta le corre dietro e la prende per le spalle. "Mamma, cosa stai dicendo?"
Rosaria ne ha avuto abbastanza. Si alza e chiama i suoi ragazzi: "Rocco! Simone! Andiamo". Gesticolando verso la madre di Ginetta, dice: “Non sono impazzita. Ho capito tutto!" Poi, continuando a fissare la madre, ma parlando a Vincenzo, continua severamente: "Vogliono impedirti di aiutare tua madre! Non hanno rispetto per tuo padre morto! Scostumati!"
“Scostumata a me?!" risponde la madre di Ginetta, scioccata.
Rosaria esce di corsa dalla stanza. "Andiamo! Sbrigati!" Afferra la borsa. Ginetta corre a fermarla e la prende per un braccio. Ma Rosaria la spinge via, accusando: "Tu stai zitta! Siete tutti della stessa razza!" Poi fa un cenno ai suoi ragazzi. "Andiamo, figli, sbrigatevi!"
Ginetta è sconvolta e ripete piano: "No! No!"
Ma la sua futura suocera si scatena. Scuotendo il dito contro di loro, grida: "Dio vi punirà perché Dio è giusto! E giudica tutti!" Dietro di lei vediamo un’immagine sacra cattolica appesa ad una porta.
Ginetta ci riprova: "No, abbiate pazienza. Nessuno ha voluto offendervi".
Ma suo fratello, Alberto, la afferra e la spinge nell'altra stanza mentre lei protesta: "Lasciami, lasciami!"
Vincenzo cerca di intervenire, ma Alberto lo ferma. Nel frattempo, gli altri Parondi escono di casa con i loro bagagli.
E alla fine la madre di Ginetta indica Vincenzo, gridando: "Anche tu! Fuori di qui!"
Sembra quasi che Rosaria avesse un piano per riavere suo figlio e che questo piano abbia funzionato perfettamente. "Hai sentito?" chiede a suo figlio. "Che cosa stai aspettando? Dai!"
Vincenzo afferra il suo cappotto e se ne va con la sua famiglia. In questo frastuono vediamo diverse immagini religiose appuntate al muro e alla porta, come ad accogliere le persone in questo posto tranquillo.
Quando l'ultimo Parondi se ne è andato, la madre di Ginetta urla: "Andatevene!" e sbatte la porta.
È notte. Vincenzo cammina accanto a un'alta recinzione di legno. Sbircia tra due assi e urla "Armando!" Un cane abbaia. Una voce urla dall'interno: "Chi è?"
"Sono io, Vincenzo. Apri!"
La porta si apre e vediamo la sagoma di un ometto che esce fuori sulla soglia. Vincenzo lo sovrasta. “Che succede? Che cosa stai facendo qui così tardi?"
"Poi ti spiego".
Armando invita Vincenzo a entrare. "Sbrigati, fa freddo!"
Una carrellata ci mostra il cortile dietro la recinzione. Sullo sfondo, finestre illuminate brillano nel buio.
Da dietro il recinto, sentiamo Armando che dice: "Ora mi dirai perché sei qui a quest'ora".
"Per dormire, se è possibile".
"È già quasi giorno!"
Vincenzo si china per accarezzare il cane che abbaia senza sosta mentre gli uomini entrano in una casetta di legno.
"Siediti! Spiega!"
Vincenzo si siede, si toglie i guanti e racconta la sua storia: "Mia madre e i miei fratelli sono arrivati come un terremoto. E allora c’è stata una grande discussione con i miei futuri suoceri. Ho perduto la stanza, la fidanzata e ho tutti questi pensieri. Tutto è un gran casino".
Armando ride. "Per te, la camera e la fidanzata sono la stessa cosa".
"Non ho voglia di scherzare. Come faccio io con tutta la mia famiglia sulle spalle? Dove prendo i soldi per pagare la casa? Questa sera, va bene, li ho sistemati. Ma domani, come faccio?"
"Qual è il problema? A Milano ci sono tante case. I condomini stanno spuntando come funghi".
"Certo! Ma si paga, lo so".
"Fai quello che fanno tutti i terroni.* Prendi un appartamento in case popolari! Paghi per un po’ di mesi e poi non paghi più niente. Circa un mese dopo vi sfrattano, e voi andate dagli sfrattati dove non si paga niente! Avrete riscaldamento, luce, ecc. ecc. Il Comune di Milano non lascia nessuno in mezzo alla strada!"
"Ma non potrebbero prenderci subito?"
“No! Devi essere sfrattato! È lì il segreto! Capisci?”
*Slang dispregiativo per le persone che vengono dal sud.
Attraverso la rete metallica di una recinzione vediamo i Parondi che tirano un carro carico delle loro cose. Rosaria è in testa con il figlio più piccolo, Luca, accanto a lei.
Camminano fino al recinto. Rosaria chiama "Portiera!" I ragazzi aspettano. Simone si strofina le mani energicamente per riscaldarle. "Portiera!"
"Eh?" arriva una voce fuori campo e in lontananza.
"Sono la signora Parondi. Aprite!"
"Vengo subito!"
Una donna arriva al recinto con uno scialle sopra la testa e le spalle. Apre il cancello per la famiglia.
“Madonna che fretta!" esclama infastidita, con un accento milanese.
Rosaria si presenta.
La signora risponde: "Parondi, Parondi, sì, là, è là". Gesticola e si ripete, evidentemente pensando che così questa signora del Sud che parla un dialetto diverso la capirà meglio. "Là, là, sotto, sotto, lo scantinato".
La famiglia prosegue. Sta piovendo adesso e Rosaria apre il suo ombrello. Il terreno è scivoloso. Una donna li fissa mentre passano.
La donna chiede alla portiera, riferendosi al Parondi: "Hai visto che roba?"
"Mamma mia! Africa!"
"Da dove vengono?"
“Lucania”.
"Nome strano. Dov'è?”
"Giù al Sud".
"Vedo, la terra degli sfaccendati!"
Condividendo un ombrello, le donne si fanno una bella risata alle spalle della nostra povera famiglia, i Parondi.
È mattina presto e ancora buio. La famiglia Parondi dorme. Mentre la macchina da presa fa una panoramica attorno alla cucina, vediamo i piatti sul tavolo e il piano di un mobile pieno di altri utensili, sotto il ritratto di famiglia.
La macchina da presa si ferma alla finestra, e vediamo che sta nevicando. Vincenzo si siede sul letto e guarda fuori dalla finestra. Ha un foulard al collo; fa freddo in quella casa. Nevica da matti.
Alzandosi dal letto, si dirige verso un'altra finestra, che lui apre. Con le mani sul davanzale, guarda fuori. Sentiamo urlare dalla strada.
Alla fine, accende la lampadina nuda nella stanza. "Svegliatevi!" Si avvicina a turno a ogni letto, svegliando i suoi fratelli. “Ciro! Svegliati! Rocco! C'è lavoro per tutti!"
Ciro si mette a sedere e si guarda intorno, poi si alza in piedi sul letto e guarda fuori dalla finestra.
Il trambusto sveglia Rosaria. Il muro dietro di lei è nudo, tranne che per un rosario appeso a un chiodo. "Che c'è?" chiede.
"Niente. Guarda alla finestra. Oggi lavoriamo tutti!"
Rosaria è sbalordita. Si mette la mano sulla faccia ed esclama: "Neve! Ecco i fiocchi!" Sveglia Luca, che sta dormendo nel letto con lei. "Luca, guarda la neve!"
Luca rimbalza su e giù. La famiglia è così entusiasta. Non è una cosa a cui sono abituati in Lucania.
Vincenzo ritorna dagli altri fratelli, avvolgendosi il foulard intorno al collo. "Sbrigatevi o perderemo la nostra occasione”. Spiega: "Ai milanesi non piace la neve sulle strade".
Lui e Rocco vanno al letto di Simone. "Ehi, dormiglione! Svegliati! Guarda la neve!"
"Eh?" Simone sbadiglia assonnato, sedendosi e stiracchiandosi. All'improvviso si guarda indietro, vede la neve e ne è momentaneamente colpito.
Simone si stiracchia ancora mentre un coro di voci gli dice: "Guarda la neve! Guarda!"
Sua madre, abbracciandolo, dice: "Simone, tesoro, alzati. Guarda, nevica. È meraviglioso! Ci dovrebbe essere lavoro per tutti. Avanti!" Ma Simone si sdraia e suo fratello deve entrare e schiaffeggiarlo sul posteriore per farlo muovere.
Rosaria va da Rocco. "Sei stato malato. Mettiti sotto la mia maglia".
"Ma è una roba da femmina!" Tutti ridono.
"Lascia che ti prendano in giro. Ascolta tua madre. Mettilo. Non si vede sotto!" Lui annuisce e lei va a preparare la colazione.
In cucina, sotto lo sguardo del ritratto di famiglia, Rosaria mette le ciotole sul tavolo. "Il caffè è quasi pronto. Ci sono uova fresche, fresche proprio di oggi".
Ciro si siede e taglia un grosso pezzo di pane per inzupparlo, mentre sua madre versa il caffè nelle ciotole. Lei continua a ripetere: "Il Signore è misericordioso. Ci ha mandato la neve". Si fa il segno della croce e verifica che Rocco porti la maglia.
Con l'accompagnamento di un’allegra musica di organetto, lei chiama di nuovo: "Simone, sbrigati!" Lui entra in cucina barcollando e ancora sbadigliando, con gli occhi chiusi. Lei gli dà una pacca sul braccio. "Povero Simone, il primo giorno di lavoro".
Simone sussulta. "Che freddo che fa!" Si avvicina alla finestra e la chiude.
Rosaria esce dalla stanza e la macchina da presa fa una panoramica sui ragazzi che fanno colazione, soffermandosi su Rocco. Lo osserviamo mentre beve il suo caffè fumante, facendo una pausa tra i sorsi per soffiarci sopra, e ogni tanto facendo un sorriso dolce.
Rosaria torna carica di cappotti. "Rocco, copriti bene. Sei stato male".
"Vieni qua, sfaticato", dice a Simone, aiutandolo con il cappotto. "Dio benedica questa città. Siete contenti adesso?” Ride.
Vincenzo incita i suoi fratelli a fare in fretta. "Ha smesso di nevicare. C'è abbastanza neve per un intero giorno di lavoro".
Tutti i fratelli indossano sciarpe e cappelli per questo clima freddo, così diverso dal Sud.
Rosaria si mette nel corridoio per salutarli. "Sbrigatevi! Quasi muoio dal freddo!"
Uno per uno, li saluta, dicendo a uno: "Dammi un bacio" e a un altro "Dio ti accompagni".
I ragazzi si girano e salutano. La madre li manda via con un avvertimento: "Vedete di tornare a casa con le tasche piene di soldi, sennò non siete più figli di Rosaria Parondi!"
Fuori, il terreno è coperto di neve. Luca si ferma per fare una palla di neve.
I fratelli si uniscono a un piccolo gruppo che passa e tutti partono alla ricerca di lavoro.
Ginetta è a passeggio in una strada del centro. Ci sono mucchi di neve dappertutto. Visconti ci sta dando un'idea della nuova Milano – le persone in abiti da ufficio che passano davanti alle vetrine dei grandi magazzini – e della città vecchia – con le verdure esposte davanti a un negozio di alimentari.
Vincenzo individua Ginetta e corre da lei, saltando su una pozzanghera di neve sciolta.
"Hai visto chi c’è?" lei chiede. Presumiamo che lei si riferisca a suo fratello, Alberto, che la segue per assicurarsi che non si incontri con Vincenzo.
"Sì, se n'è andato via. Andiamo giù dove possiamo parlare".
Lui la conduce in un posto fuori mano tra gli edifici, dove stanno in piedi accanto a casse di vino impilate. Lui le spiega la loro difficile situazione: "Io a casa tua non posso più venire. Per strada sei sempre accompagnata, lavori quando lavoro".
"A casa mia non vogliono avere niente a che fare con te" – gli dice Ginetta – "Con che coraggio cominciamo una nuova vita?"
"Io ho speranza".
"Tu sei nato con la speranza".
Alcuni amici di Ginetta passano e la salutano. Lei sorride loro.
Vincenzo continua: "Forse sistemiamo tutto. La casa ce l’abbiamo e, come dice la mamma, ‘Se un vero uomo vuole davvero una donna, la prende, senza chiedere’".
Il sorriso di lei svanisce. "Cosa?" chiede lei, schiaffeggiandogli la faccia.
"Oh!" esclama lui portandosi la mano alla guancia, sorpreso. "Che ti prende?" chiede, poi risponde stupidamente alla sua domanda: "La prende! Come si prende una donna! Senza chiedere il permesso a lei o a nessun altro".
Lei gli dice fermamente: "Vince’, a me tu il permesso me lo dovresti sempre chiedere!"
Lui pensa che questo sia carino. "Va bene", dice, allungando una mano per pizzicarle il mento, ma lei gliela allontana con un altro schiaffo, ancora furiosa.
"Ciao", dice con un leggero sorriso, e si gira per andare. Lui, appoggiandosi alle casse, la guarda allontanarsi.
FINE PARTE I
Here is the link for Parte II of this cineracconto. Move through each installment of this film by checking the bottom of each installment for a link to the next. A Vertigo grammar exercise has been posted at the bottom of Parte VIII.
GLOSSARIO
abbiate (avere) pazienza – bear with me
accolti (accogliere) – welcomed, greeted (past participle)
ad uno ad uno – one by one
si affretta (affrettarsi) – it [gente] hurries
si allarga (allargarsi) – it extends
alza (alzare) le spalle – she shrugs
amorevolmente – lovingly
annuisce (annuire) – he nods
appesa (appendere) – hung up (past participle as adjective)
sta appoggiata (appoggiarsi) – she leans
appuntata (appuntare) – affixed, pinned (past participle as adjective)
arance (ia/e) – oranges
assi (e/i) – slats
assonnato (o/a/i/e) – sleepily
auguri! – best wishes!
gli averi (e/i) – the worldly possessions
avvolgendosi (avvolgersi) – wrapping
barcollando (barcollare) – stumbling, staggering
il bigliettaio (io/i) – the ticket collector
i binari (io/i) – the train station platform (it can also mean ‘tracks’)
calvi (o/a/i/e) – bald
il campanello (o/i) – the bell
un campo (o/i) lungo (go/ghi) – a long shot (filmed from a distance)
il cancello (o/i) – the gate
carico (co/ca/chi/che) – laden, loaded
una carrellata (a/e) – a tracking shot (cinematic term: the camera moves with the object it is filming)
case (a/e) popolari (e/i) – public housing
casse (a/e) – crates
un cenno (o/i) – a gesture
le chiacchiere (a/e) rumorose (a/e) – the noisy chatter
si china (chinarsi) – he stoops
un chiodo (o/i) – a nail
le ciotole (a/e) – the bowls
colpito (colpire) – impressed (past participle as adjective)
il Comune di Milano – the City of Milan
i condomini (io/i) – the apartment buildings
conduce (condurre) – he leads
consunte (o/a/i/e) – worn out
cullando (cullare) – cradling
cupa (o/a/i/e) – glumly
curva (o/a/i/e) (curvare) – hunched
dappertutto – everywhere
il davanzale (e/i) – the window sill
defunto (o/a/i/e) – deceased
dimmi un poco! – tell me something!
dirige (dirigere) – he supervises, directs
si dirige (dirigersi) – he heads (in a direction, towards something)
la disgrazia (a/e) – the terrible loss
il dito (o/a) – the finger
dolente (e/i) – mournful
educatamente – courteously
esposte (esporre) – displayed (past participle as adjective)
fa (fare) una panoramica (ca/che) – it [the camera] pans (cinematic term: stationary camera rotates, normally across a horizontal area)
faranno (fare) a pezzi – they will tear apart
farcela – to ‘make it,’ succeed
una fascia (ia/e) – a band, strip (of fabric)
un fazzoletto (o/i) – a handkerchief
fianco a fianco – side by side
un foulard (no change for plural) – a scarf
frastuono (o/i) – racket, din
fuori campo – off-screen
fuori mano – out-of-the-way
i grandi (e/i) magazzini (o/i) – the department stores
la guancia (ia/e) – the cheek
impilate (impilare) – piled, stacked (past participle as adjective)
individua (individuare) – he spots
inzupparlo (inzuppare) – to dunk it
la lampadina (a/e) – the light bulb
lutto – mourning (noun)
la macchina (a/e) da presa – the movie camera
mala sorte – bad luck
mantenerci (mantenere) – to support us
da matti – like crazy
un mazzo (o/i) di fiori – a bunch of flowers
il mento (o/i) – the chin
la mischia (a/e) – the fray, quarrel
un mobile (e/i) – a piece of furniture
in modo sprezzante – dismissively
mucchi (cchio/cchi) – piles
un negozio (io/i) di alimentari – a grocery store
sta nevicando (nevicare) – it’s snowing
nuda (o/a/i/e) – bare
la nuora (a/e) – the daughter-in-law
un ometto (o/i) – a little man
organetto (o/i) – organ-grinder
ormai – by now
gli ospiti (e/i) – the guests
una pacca (cca/cche) – a pat
una palla (a/e) di neve – a snowball
delle nostre parti – from our region, where we come from
pendono (pendere) – they dangle
il piano (o/i) – the surface
un piano (o/i) – a plan
piastrellata (piastrellare) – tiled (past participle as adjective)
pizzicarle (pizzicare) – to pinch her
plateale (e/i) – melodramatic
una pozzanghera (a/e) – a puddle
si precipita (precipitarsi) – she rushes
prende (prendere) vita – it comes to life
prosegue (proseguire) – it continues, proceeds
una recinzione (e/i) – a fence
la rete (e/i) – the grid
rimbalza (rimbalzare) – he bounces
il ritratto (o/i) – the portrait
che roba – ‘stuff’ In this case, “what a sight!” or “unbelievable!”
rozzamente – crudely
la sagoma (a/e) – the silhouette
il salotto (o/i) – the living room
sbadiglia (sbadigliare) – he yawns
con sbalordimento – in awe
sbatte (sbattere) – she slams (the door)
sbircia (sbirciare) – he peeks
Sbrigati! (sbrigarsi) – Hurry up!
lo scantinato (o/i) – the basement
lo scarico (co/chi) – the unloading
si scatena (scatenarsi) – she is on a rampage
schiaffeggiarlo (schiaffeggiare) – to smack him
uno scialle (e/i) – a shawl
sciolta (sciogliere) – melted (past participle as adjective)
scivoloso (o/a/i/e) – slick, slippery
scostumati (o/a/i/e) – heathens
scuotendo (scuotere) – shaking
si sdraia (sdraiarsi) – he lies down
il segno della croce – the sign of the cross
sennò – if not
gli sfaccendati (o/a/i/e) – the idlers, deadbeats
sfaticato (sfaticare) – lazybones (past participle as adjective)
sfrattano (sfrattare) – they evict
sgranocchiando (sgranocchiare) – munching
singhiozza (singhiozzare) – she sobs
li ho sistemati (sistemare) – I set them up
soffermandosi (soffermarsi) – pausing
soffiarci (soffiare) – to blow on it
il soffitto (o/i) – the ceiling
la soglia (ia/ie) – the doorway
i sorsi (o/i) – the sips
sosta (a/e) – break, pause
sovrasta (sovrastare) – he towers over
spalancate (spalancare) – spread out, open wide (past participle as adjective)
alle spalle di – at the expense of
una spilla (a/e) – a button, brooch, pin
stiracchiandosi (stiracchiarsi) – stretching
straripante (straripare) – overflowing
si strofina (strofinarsi) – he rubs
la suocera (a/e) – the mother-in-law
suscitano (suscitare) – they stir up, cause
sussulta (sussultare) – he winces
un terremoto (o/i) – an earthquake
tese (tendere) – outstretched (past participle as adjective)
di testa loro – their way
in testa – in the lead
tetra (o/a/i/e) – somber
il trambusto (o/i) – the commotion
un turbinio (ìo/ìi) – a whirl, flurry
un vagone (e/i) – a car (of a train)
un vassoio (oio/oi) – a tray